Il 6 novembre 2017, 50 persone persero la vita in un naufragio a 30 miglia dalle coste libiche. Mentre 47 fra i sopravvissuti furono respinti illegalmente in Libia, #SeaWatch3 riuscì a portare in salvo 58 persone, fra cui Giwa.
Nel terzo anniversario di quella strage, abbiamo raccolto la sua testimonianza insieme a quella di Gennaro, mediatore culturale a bordo della nostra nave in quella missione, funestata dal comportamento sconsiderato e criminale della cosiddetta Guardia Costiera Libica. Abbiamo affidato i loro racconti alle voci di Valerio Mastrandrea e Michele Riondino.
“La motovedetta libica 648 si avvicinò al nostro gommone in modo pericoloso e poco professionale e, invece di soccorrere le persone, le gettò in acqua”, racconta Giwa. Sea-Watch 3 arrivò sul posto circa mezz’ora dopo, trovandosi di fronte uno scenario drammatico. “Momenti concitati racchiusi in poco tempo, secondi che sembravano ore. Non posso dimenticare quando, prima di arrivare al gommone, si iniziavano a intravedere i primi corpi in acqua, vivi o morti”, ricorda Gennaro. La ferita di quella giornata tragica continua a bruciare nei nostri cuori e rappresenta l’emblema del fallimento delle politiche di esternalizzazione dell’Unione Europea, complice e facilitatrice di queste violazioni dei diritti umani. Alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si sono rivolti nel 2018, per ottenere giustizia, 17 fra i sopravvissuti, comprese due persone fra quelle riportate in Libia, che subirono nuovamente torture e violenze.