Sabato, Sea-Watch 3 ha tratto in salvo 47 persone, tra cui 8 minori non accompagnati. Meno di 24 ore prima, secondo gli unici 3 sopravvissuti salvati dalla Marina Militare Italiana, 117 naufraghi sono annegati o dispersi.
47 persone sono state salvate da un gommone in distress nelle acque internazionali a nord di Zuwarah, in Libia. Ora sono al sicuro a bordo della Sea-Watch 3, dove stanno ricevendo assistenza e cure mediche.
“Siamo molto felici di averli trovati in tempo”, afferma Kim Heaton-Heather, capo Missione di Sea-Watch. “Con un’Europea che non intende salvare e collaborare, rimangono le ormai pochissime navi civili di soccorso che fanno del loro meglio per soccorrere vite umane e difendere i diritti umani in mare”, conclude Heaton-Heather.
Nel primo pomeriggio di ieri, l’aereo da ricognizione Moonbird ha intercettato via radio la comunicazione di un evento SAR con un gommone semi-affondato e alcune persone in acqua. MRCC Italia ha rifiutato di fornire a Sea-Watch informazioni su questo caso, affermando che la responsabilità era di MRCC Tripoli che, a sua volta, non era disposto e in grado di comunicare. A seguito della ricezione di due alert diffusi da MRCC Roma e Malta Radio riguardanti il caso, la Sea-Watch 3 si è diretta verso la posizione indicata nei dispacci. In serata la Marina Militare Italiana ha comunicato la sua partecipazione all’evento SAR e il salvataggio, da parte dell’elicottero del cacciatorpediniere Duilio, di solamente tre sopravvissuti al naufragio. Trasferiti all’ospedale di Lampedusa, i tre naufraghi hanno riferito ai membri dell’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) di essere stati in mare senza assistenza per oltre 3 ore, prima dell’intervento di un aereo della Marina Militare Italiana. Raccontano, inoltre, di aver lasciato la Libia su un gommone con a bordo 120 persone; ci sono quindi 117 persone morte annegate o disperse.
“Se non avessimo ascoltato questo messaggio via radio, probabilmente non avremmo sentito parlare di questa strage”, aggiunge Kim Heaton-Heather.
“Giunti alla posizione del naufragio, abbiamo iniziato subito le ricerche ma abbiamo trovato solo due zattere di salvataggio, lanciate in precedenza da un aereo della Marina Militare italiana. Quest’ultima strage dimostra ancora una volta che le attuali politiche UE migratorie uccidono e che la cosiddetta guardia costiera libica non è in grado di effettuare operazioni di salvataggio. Abbiamo bisogno di più assetti che operino soccorsi, non meno; e abbiamo bisogno della presenza della società civile che monitori quanto accade nel Mediterraneo e garantisca la difesa dei diritti umani, primo fra tutti quello alla vita“.
Dopo l’odissea di 19 giorni con a bordo 32 persone senza un porto sicuro, Sea-Watch chiede con forza una soluzione rapida secondo il diritto internazionale: “Non deve ripetersi il fallimento morale di negare alle persone i loro diritti fondamentali tenendoli in ostaggio in mare per 19 giorni. L’Europa non solo lascia annegare donne, uomini e bambini, ma ostacola colpevolmente coloro che vogliono aiutare. Questa politica disumana deve finire ora, non c’è più tempo di aspettare che i leader europei portino avanti bracci di ferro politici sulle spalle di persone vulnerabili“.
Dopo il blocco della spagnola Open Arms, alla quale è impedito di lasciare Barcellona, e con la nave di Sea-Eye alla ricerca di un porto per il cambio dell’equipaggio, la Sea-Watch 3 è attualmente l’unica nave civile di soccorso nel Mediterraneo, insieme all’aereo da ricognizione Moonbird.
Oggi abbiamo a bordo 47 persone, che avrebbero potuto essere vittime di un naufragio se non fossimo intervenuti in tempo, e nonostante Sea-Watch sia in contatto con le autorità, non abbiamo ancora ricevuto istruzioni di alcun tipo, né vi é stata l’assunzione di responsabilità sul caso da parte di alcun centro di coordinamento. Abbiamo contattato LIBIA, ITALIA, MALTA, OLANDA (Stato di bandiera della Sea-Watch3). Per ora la sola risposta arriva da Roma, con riferimento a una competenza delle autorità libiche, con le quali, nonostante i tentativi anche telefonici, non é stato possibile coordinarsi.
Ricordiamo inoltre che il portavoce della Marina e guardia costiera libica, Ayoub Qasim, ha recentemente dichiarato che la Libia non è pronta a ricevere i migranti non salvati dai suoi assetti (https://www.libyaobserver.ly/news/libya-not-ready-receive-illegal-migrants-not-rescued-itscoastguards-navy-spokesman-says).