“HANNO UCCISO I MIEI AMICI DAVANTI AI MIEI OCCHI”. A., 16 ANNI, COSTRETTO AI LAVORI FORZATI IN LIBIA.
Otto giorni dopo il soccorso di 47 naufraghi al largo delle coste libiche, l’ultima nave civile di soccorso rimasta nel Mediterraneo è ora bloccata al largo delle coste siciliane nonostante diverse città offrano un porto sicuro. Le cicatrici profonde lasciate sull’addome di uno dei naufraghi a bordo di Sea-Watch, vittima di torture prolungate in una prigione in Libia. Dal video di Giuseppe Borello Cartabianca.
Dalla notte di giovedì la Sea-Watch 3 è immotivatamente bloccata al largo del porto di Siracusa, in località Marina di Melilli con a bordo le 47 persone soccorse da un gommone in distress sabato 19 gennaio, a nord di Zuwarah. Soccorso che non ha visto il coordinamento di nessun paese nonostante da subito Sea-Watch abbia regolarmente informato le autorità libiche, italiane, maltesi e olandesi (stato di bandiera della nave).
Senza un porto sicuro in cui condurre i naufraghi esausti e in vista dell’arrivo di un ciclone mediterraneo con onde previste di oltre 7 metri, Sea-Watch nella giornata di giovedì ha cercato riparo a est della costa siciliana, in quelle ore non interessata dalla grossa perturbazione. Dopo aver ricevuto l’invito del sindaco di Siracusa, Francesco Italia, disponibile all’accoglienza di tutte e 47 le persone, il Capitano della nave ha chiesto l’autorizzazione ad entrare nel porto della città.
Ma, poche ore dopo l’arrivo in rada, a Sea-Watch è stato assegnato un posto di fonda anziché un porto sicuro che consentirebbe invece lo sbarco dei naufraghi. Il diniego di entrare in porto è stato notificato senza alcuna motivazione. La nave pertanto rimane bloccata all’ancora a 1,4 miglia di distanza dal porto di Siracusa senza poter consentire la dovuta assistenza a terra dei naufraghi, a 8 giorni dal loro salvataggio.
Nella mattinata di ieri Sea-Watch ha proceduto con la segnalazione, alla procura dei minori di Catania, dei 13 minori non accompagnati a bordo. Il Tribunale competente, come previsto dalle normative, ne chiede lo sbarco immediato sottolineando che in questa prolungata condizione di disagio, i loro diritti vengono elusi.
Uno dei minori racconta: “La Libia è stata un inferno: le milizie mi usavano come schiavo costringendomi a lavorare ininterrottamente per 12 ore ogni giorno. Mentre lavoravo mi puntavano le loro armi addosso e mi minacciavano. Eravamo trattati come schiavi: spesso, a fine giornata, non ci davano nemmeno da mangiare. Hanno ucciso uno dei miei amici, davanti ai miei occhi. È stato ucciso perché una mattina non ce l’ha fatta ad alzarsi per andare a lavorare”.
Tuttavia sulla Sea-Watch ci sono, oltre ai minori, altre 34 persone. Tutti i naufraghi, dopo oltre 8 giorni in alto mare, sono stremati e debilitati, raccontano lunghi mesi trascorsi nelle prigioni libiche, e riportano traumi seri per gli abusi e le torture subite. Sulla nave sono ammassati in un’unica stanza, unico luogo coperto non esposto alle intemperie, alle temperature rigide di questi giorni e alla perturbazione in corso. Procedere con lo sbarco di solo una parte dei naufraghi risulterebbe traumatico per gli altri poi costretti a rimanere ancora a bordo.
“È in Libia che ho conosciuto Y., con me a bordo, è il mio “grand frère”, prosegue lo stesso ragazzo, sedicenne, proveniente dalla Guinea, e racconta che da quando erano in Libia si prendono cura l’uno dell’altro.
Sea-Watch chiede che si ponga fine all’odissea che stanno vivendo le 47 persone a bordo, il cui stato fisico e psicologico è provato e la cui assistenza è necessaria immediatamente e chiede con forza di procedere subito allo sbarco immediato di tutti i naufraghi.
“Nell’ultima settimana, almeno 170 persone sono annegate nel Mediterraneo a causa di due naufragi. E oltre 250 sono stati intercettate in mare e rimpatriati con la forza dalla Guardia costiera libica e da due navi mercantili, in palese violazione della Convenzione di Ginevra sui rifugiati“, afferma Giorgia Linardi, portavoce di Sea-Watch. “Siamo grati alla città di Siracusa e al suo Sindaco per questa grande manifestazione di solidarietà. Ringraziamo Palermo, Napoli, Barcellona, Berlino e tutte le città che si sono unite nel manifestare vicinanza e nel sottolineare che i porti sono aperti, ancor piu’ per una nave in stato di necessità”.
“Chiediamo lo sbarco immediato di tutti i naufraghi, lo sbarco parziale di una parte di essi costituirebbe un’azione traumatica per il resto delle persone tra cui un ragazzo gambiano di 24 anni che, a seguito di prolungate torture in Libia, ha profonde cicatrici sul viso e sul corpo. Veniva legato e preso a coltellate. E’ stato quasi squartato mentre veniva filmato con le mani legate al soffitto, e questo filmato sono le ultime notizie che la famiglia ha di lui”, prosegue Linardi. “Queste sono le persone che abbiamo a bordo, al freddo, a un miglio dalla costa e cui viene negato lo sbarco”.