Il nuovo Decreto Sicurezza approvato dal Consiglio dei Ministri del Governo Meloni l’ennesimo tentativo di ostacolare e criminalizzare le attività delle navi della società civile.
Sebbene le navi di soccorso abbiano sempre rispettato il diritto internazionale, i governi italiani da sempre cercano modi fantasiosi per impedirne l’operatività. Questa volta la strada è quella di limitare il più possibile le attività di soccorso e di inviare le navi dopo ogni salvataggio verso porti il più lontano possibile dalle zone in cui ogni giorno muoiono uomini, donne e bambini in fuga dalla Libia.
Non comprendiamo poi quali siano i presupposti di necessità e urgenza del provvedimento che va a normare una materia già oggetto di Convenzioni internazionali, regolamenti europei e del diritto italiano. L’unica urgenza che verifichiamo ogni giorno sarebbe quella di garantire un sistema di soccorso istituzionale nel Mediterraneo centrale e garantire vie sicuro di accesso per chi fugge dalla Libia.
Nessun governo può costringere una nave a sottrarsi dall’obbligo di soccorso, e nessuna nave si rifiuterà di accogliere chi chiede aiuto nel Mediterraneo centrale.
In assenza di una missione europea di ricerca e soccorso, ostacolare l’attività delle navi della società civile significa provocare altre morti. Significa calpestare i diritti umani e affidare quel tratto di mare al pattugliamento delle milizie libiche che non hanno altro obiettivo se non quello di catturare chi fugge e respingerlo nei lager libici, in una spirale di torture, ricatti, stupri e vessazioni.
Ricordiamo al Governo che nel 2022 almeno 2000 persone sono morte nel Mediterraneo centrale, oltre 25mila dal 2014.
Da una parte il finanziamento alla cosiddetta guardia costiera libica, dall’altro il tentativo di rallentare l’azione della flotta civile. Ci opporremo sempre e con ogni mezzo a una visione che vede i diritti umani come un ostacolo e che è pronta a sacrificare la vita delle persone per una promessa elettorale.