Le autorità olandesi oggi a bordo della nave per un’ispezione sulla capacità di Sea-Watch 3 di ospitare, per periodi lunghi, le persone soccorse. Ma le navi di salvataggio non possono soddisfare questa richiesta: la legge del mare afferma che le persone salvate devono essere portate in un porto sicuro il prima possibile “without any delay”. Denunciamo la strumentalizzazione del tema della sicurezza delle persone soccorse allo scopo di ostacolare il salvataggio delle stesse.
“La nostra nave è pronta e adeguatamente attrezzata per prestare soccorso e assistenza alle persone in difficoltà, ma non siamo un hotel o un ospedale galleggiante, e tantomeno un hotspot”, commenta Johannes Bayer, presidente di Sea-Watch.
“Il nostro dovere, come qualsiasi altra imbarcazione coinvolta in attività di soccorso, è quello di salvare le persone in pericolo in mare e portarle in un porto sicuro nel più breve tempo possibile. E’ stata una scelta consapevole dei governi europei quella di tenere in ostaggio per settimane le persone a bordo della Sea-Watch 3. I bracci di ferro politici ci costringono a ospitare a bordo le persone soccorse per diversi giorni, e poi gli stessi Paesi ci accusano di non essere attrezzati per farlo“.
“Se facciamo un confronto con gli assetti di soccorso del Governo Olandese, è evidente che nessuna delle loro navi sarebbe adatta a ospitare a bordo, per un tempo prolungato, le persone salvate“, dice Bayer. Lo stesso vale per qualsiasi altro mezzo, anche preposto al soccorso.
“Le persone a bordo della Diciotti, erano accomodate in condizioni precarie sul ponte della nave, nonostante si trovassero sulla nave ammiraglia della Guardia Costiera Italiana, progettata per il soccorso in mare e con l’utilizzo di fondi europei” aggiunge la portavoce italiana Giorgia Linardi. “Il Ministro dell’Interno italiano è accusato di sequestro di persona aggravato, per non aver consentito lo sbarco e avere costretto i naufraghi a restare a bordo della Diciotti per giorni”, conclude Linardi.
L’ispezione che in queste ore l’Olanda sta svolgendo a bordo della Sea-Watch è il secondo accanito tentativo dello Stato di bandiera in meno di un anno. L’esito del precedente, del luglio 2018, ha rilevato che Sea-Watch 3 risponde a tutti requisiti imposti dalla sua classe di registrazione.
In risposta al comunicato della Procura di Catania dello scorso 2 febbraio, Linardi aveva commentato: “Nessuna nave, di soccorso e non, indipendentemente dalla sua registrazione, è preposta alla permanenza a bordo per lunghi periodi dei naufraghi soccorsi. Nel caso dell’ultimo soccorso della Sea-Watch 3, in data 24 gennaio, la nostra nave comunicava l’intenzione di dirigersi verso il porto di Siracusa proprio per via della condizione di precaria sicurezza a bordo legata alla situazione di rilievo umanitario risultante dal soccorso e protratta per via della mancata assegnazione di un Porto Sicuro. Tale richiesta ha ricevuto un diniego immotivato da parte delle autorità italiane, che l’hanno deliberatamente costretta a restare in mare, all’ancora, a un miglio dalla costa, per 7 giorni.”
“È evidente che lo scopo di questa ispezione non sia quello di garantire la sicurezza delle persone salvate ma di trovare un pretesto per bloccare una delle ultime navi di soccorso civile rimasta operativa nel Mediterraneo” con la Open Arms bloccata dalle autorità spagnole, la Mare Jonio e la nave di Sea-Eye, ribattezzata Alan Kurdi dal nome del bimbo vittima di un naufragio nell’Egeo, ferme in cantiere, il Mediterraneo Centrale resta scevro di un dispositivo con una chiara missione di soccorso”, sottolinea Giorgia Linardi.