La Sea-Watch 3, ferma dallo scorso luglio in applicazione della legge sul pacchetto sicurezza-bis, si sveste della bandiera olandese e risulta ora registrata in Germania.
L’organizzazione ha ritenuto di procedere con il cambio di bandiera a causa di un atteggiamento ostinatamente non collaborativo dei Paesi Bassi, riscontrando gravi lacune nel supporto alle operazioni di soccorso e dinanzi agli abusi da parte di altre amministrazioni statali ai danni della Sea-Watch 3.
La Germania, dove il progetto ha avuto origine nel 2014 e la ONG ha la propria sede istituzionale, da oggi diventa anche riferimento operativo di Sea-Watch.
Ai sensi della convenzione SAR, lo Stato di bandiera ha la responsabilità di coordinarsi con le autorità competenti, ove i centri per il coordinamento dei soccorsi responsabili per l’area delle operazioni non assumano il coordinamento, per garantire che le attività di salvataggio si concludano celermente con lo sbarco dei naufraghi in un porto sicuro vicino. Sebbene Sea-Watch si sia sempre rivolta al proprio Stato di bandiera a seguito di tutti i soccorsi e chiedendo supporto nei casi di stallo, l’Olanda ha sempre scelto di non intervenire e di agevolare le politiche europee volte a ostacolare l’arrivo in Europa delle persone in fuga dall’inferno libico.
Nei mesi scorsi, il governo olandese non ha fatto nulla per agevolare e garantire il rilascio della sua nave, ferma in porto da ormai 160 giorni.
Nel 2019 inoltre, il Ministro olandese dei Trasporti ha introdotto una nuova normativa sulla sicurezza delle navi, creata ad hoc per la Sea-Watch 3 e volta a rendere più complessa e costosa la registrazione degli assetti delle ONG in Olanda. A seguito di un accesso agli atti, Sea-Watch ha appreso che il vero obiettivo del nuovo provvedimento olandese fosse limitare lo sbarco delle persone soccorse da navi come la nostra. A spiegare la necessità di un nuovo regolamento è dunque il contenimento delle persone in fuga dalla Libia e nelle mani dei trafficanti, non la sicurezza a bordo delle navi, come giustificato dal Ministro.
“Il Ministro ha creato una situazione per cui Sea-Watch non ha avuto altra scelta se non lasciare l’Olanda. Si tratta di una perdita per i Paesi Bassi, per altro in contrasto con la politica nazionale sugli armamenti”, ha commentato Suzanne Kroger, deputata del partito olandese della Sinistra Verde.
Alla luce di queste gravi e reiterate lacune da parte dell’Olanda, Sea-Watch si rivolge alla Germania auspicando una relazione responsabile con il governo tedesco, che si assuma pienamente, in qualità di Stato di bandiera, le responsabilità di sua competenza.
Speriamo di poter tornare presto a navigare, sotto la bandiera tedesca, per sottrarre vite alla morte in mare o al rientro coatto in Libia e per continuare a monitorare e denunciare, con il supporto del nostro aereo Moonbird, le conseguenze letali delle attuali politiche europee in materia di migrazione attraverso il Mediterraneo.